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a cura di Glauco


 
     

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INDICE

 

Dai Mini-Computer ai Personal

 

     
     

 
 
     
  Con il mio avvento in forza al servizio di assistenza tecnica della Digital Equipement Corporation (chiamata comunemente "DEC" in America, mentre in Italia era sommariamente citata come "Digital") mi trovai ad occuparmi di mini-computer e relative periferiche.
Non lasciatevi trarre in inganno dalla definizione: i mini-computer non sono computer più piccoli dei personal che tutti possedete a casa.
La definizione di mini-computer era data ai computer per uso industriale o scientifico, e che tipicamente erano utilizzati per un'unica funzione, a differenza dei mainframe, che erano molto più grandi (e potenti) e che solitamente servivano più utenti contemporaneamente, connessi tramite terminali (anche remoti) alle risorse di elaborazione.
IBM era già allora il leader indiscusso nel settore dei mainframe, in cui operavano pochi altri giganti, come Sperry-Univac; la Digital invece proponeva principalmente mini-computer, e vi era solo una marginale sovrapposizione tra le macchine della Digital più grandi (e potenti, perchè in grado di funzionare in ambiente multi-tasking), e i computer più "piccoli" (ma era una piccolezza molto relativa....) della IBM.
Sui mainframe giravano normalmente sistemi operativi multi-tasking (il più conosciuto dei quali, Unix, è in continuo sviluppo ed evoluzione da più di 35 anni!), mentre su di un mini-computer tipicamente girava un sistema operativo più limitato, quando non un unico programma specifico per una data funzione (es.: per gestire una catena di montaggio, oppure un laboratorio analisi). Data la complessità e, a volte, la delicatezza delle applicazioni, a nessuno veniva in mente di "far girare un programmino di giochi" mentre l'elaboratore era impegnato a dosare la quantità di radiazioni da somministrare ad un paziente in cura radio-terapica....
Anche una certa "macchinosità" nelle operazioni di caricamento dei programmi (più agevoli nei sistemi dotati di periferiche più evolute, come unità disco o nastri) frenava enormemente l'iniziativa degli "smanettoni". In pratica, un computer nasceva per assolvere una specifica funzione e, salvo aggiornamenti del programma di gestione, continuava a svolgere lo stesso lavoro fino alla sua disattivazione.

Un tipico terminale video dell'epoca: inglobava monitor e tastiera, e gli utenti lo usavano come interfaccia per collegarsi all'elaboratore centrale, accedendo ai programmi in esso contenuti.

Una particolarità dei computer più vecchi su cui io abbia operato, era l'utilizzo di memoria a nuclei (di ferrite): in pratica, ogni singolo bit di memoria veniva memorizzato magnetizzando, tramite il fluire di una corrente elettrica, in un minuscolo anellino di materiale magnetico, che poteva essere quindi magnetizzato con una polarità (per rappresentare il dato "1") oppure con polarità opposta (per lo "0"). Il grosso vantaggio di questo tipo di memoria era di non essere volatile: infatti, la carica magnetica si manteneva anche a computer spento, e quindi dati e programmi risiedevano già in memoria al momento dell'accensione.
Un bel vantaggio, giacchè molti di questi computer caricavano i programmi ancora da banda perforata!
Il PDP-8 (PDP stava per Programmed Data Processor), un tipico computer di questa generazione, utilizzava usa struttura di processore a12 bit, ed aveva una memoria a nuclei di 4 KByte. Alcuni esemplari (ma non tutti) avevano una unità (opzionale) di "memoria estesa", pari ad altri 4KByte.

 

Il PDP-8 era un elaboratore più semplice, e quindi più economico, rispetto agli altri computer dell'epoca, e per questo ebbe una grande diffusione nelle scuole americane.

Tra gli studenti che effettuarono le loro prime esperienze di programmazione su questa macchina, c'era il quattordicenne William Henry III Gates (oggi meglio conosciuto come "zio Bill."....).

Questa famiglia di elaboratori esisteva in varie versioni successive, progettate e prodotte dai primi anni '60 e fino, se non ricordo male, alla metà degli anni '70: infatti, io non ebbi mai occasione di installare un nuovo sistema PBP-8, ma solo di fare manutenzione su esemplari già in uso.
Alcune installazioni erano di tutto riguardo, in quanto a complessità e criticità della funzione richiesta. Due casi per tutti: la gestione della "mescola" nella linea di produzione dei pneumatici Pirelli dello stabilimento di Settimo Torinese, e la gestione della funzionalità dell'Acquedotto Municipale di Torino (effettuata tramite "ponte radio", in pratica una rete wireless che copriva buona parte della Provincia stessa..... ed era stata realizzata all'inizio degli anni '70 !).
La dimensione "tipica" di uno di questi elaboratori era quella illustrata nell'immagine precedente: l'unità centrale più la "memoria estesa" (quando presente) occupava un rack delle dimensioni di un frigo-congelatore a colonna. L'esemplare più vecchio che io ricordi (non era più utilizzato, ma ancora mantenuto al suo posto) occupava tre di questi rack: uno era il computer stesso, un secondo era il controller del disco (!!!), ed il terzo.... era il disco stesso: dotato di 3 (tre...) "testine" fisse (non si muovevano avanti e indietro, come nei dischi attuali) aveva una capacità di.... 32 KByte !
Questo tipo di "memoria di massa" costituiva comunque una rarità, in quanto la maggior parte dei calcolatori di quella famiglia utilizzava il lettore di nastro perforato per il caricamento dei programmi, e solo qualcuno di questi era dotato di una rudimentale unità a nastro.

I computer della famiglia PDP-11 erano più evoluti e potenti (erano dei 16 bit), ed erano dotati tipicamente di periferiche più attuali (dischi e nastri, e qualche rarissimo ed inaffidabile floppy disk).
Sulle macchine più potenti di questa famiglia di computer poteva girare un sistema operativo multi-tasking (chiamato RSX-11M: in pratica un "dialetto" UNIX), anche se comunque il limite massimo di indirizzamento di memoria tipico dell'architettura a 16 bit era pari a soli 64 KByte.
Nonostante queste limitazioni che, ai giorni nostri, appaiono quasi patetiche, quelle macchine assolvevano egregiamente ai compiti a loro affidati: dalla gestione dei "robot" delle catene di montaggio alla FIAT, alle operazioni del Centro Contabile di una grande Banca come il Gruppo Bancario San Paolo di Torino.
Ma qualcosa stava per cambiare, nel mondo dell'informatica: come contrapposizione a tali costosissimi ed ingombranti elaboratori, qualcuno aveva cominciato a produrre (a volte artigianalmente, a volte proponendoli in kit di montaggio) dei minuscoli computer per uso personale (addirittura più piccoli della maggior parte dei computer attuali).
Era nato il Personal Computer.
 
     

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