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a cura di Glauco


 
     

Note sull'autore

     
 

 
     

     
     

INDICE

 

Quando il computer si chiamava "cervello elettronico"

 

     
     

 
 
     
  Fui assunto dalla Olivetti di Ivrea nell'autunno del 1976. Mi ero diplomato in quell'anno, e quella fu la mia prima esperienza lavorativa nel settore specifico della mia preparazione scolastica. L'inserimento in una grande azienda quale era la Olivetti del tempo era una meravigliosa opportunità di vedere in opera apparecchiature e strumenti sofisticati, di cui allora non avevo mai neppure avuto notizia.
Passato un primo periodo di ambientamento, feci quindi la conoscenza del primo elaboratore che avessi mai visto: un Selenia GP-16.
Non ricordo le caratteristiche precise di tale elaboratore: so che era di produzione italiana (la Selenia dopo la fusione con l'Aeritalia e varie evoluzioni societarie si trasformò in quella che oggi è la "Alenia Spazio", l'azienda di avionica aerospaziale italiana), ed era, come dice il nome stesso, un elaboratore a 16 bit. Dalle poche informazioni reperite su Internet, pare che la sua capacità di memoria fosse, in origine, di 32 KByte (si, avete capito bene: si parla di KiloByte: non Giga, e neppure Mega....).
Era montato in un mobile rack industriale standard da 19" (grande all'incirca quanto un moderno frigorifero + congelatore a colonna), e l'unità centrale (l'elaboratore vero e proprio) aveva le dimensioni di un grosso forno a microonde.
Il pannello frontale, su cui campeggiavano numerosi pulsanti, interruttori e spie luminose, si apriva (proprio come quello di un microonde) per consentire un facile accesso alle schede interne. Questa facile accessibilità era quanto mai gradita, in quanto questo calcolatore aveva una perniciosa caratteristica: quella dei "falsi contatti".
I connettori a pettine delle schede che lo componevano non erano dorati, come avviene con tutte le schede attuali, ma erano (per risparmiare?) solo stagnati: questo faceva sì che bastasse un po' di umidità, e il trascorrere di un po' di tempo, e l'ossidazione che si formava sui contatti causava errori e malfunzionamenti, impedendo talvolta di avviare il computer stesso.
Per evitare perdite di tempo ed arrabbiature si preferiva, prima di ogni utilizzo, aprire lo sportello frontale, rimuovere le schede una ad una e pulire i contatti strofinandoli con una gomma da cancellare. Mediamente, in una decina di minuti l'operazione era conclusa, e si poteva richiudere lo sportello di accesso, cominciando quindi a lavorare.

Al lavoro....

Prima di cominciare a lavorare occorreva "caricare il programma": non esisteva un sistema operativo che mettesse a disposizione dell'utente svariate funzionalità di base, e ogni singolo programma (si poteva eseguire un solo programma alla volta) doveva essere prima caricato in memoria. Per caricare il programma occorreva prima..... caricare manualmente una sequenza di "istruzioni", operando con i pulsanti ed interruttori del pannello frontale, scrivendo quindi un piccolo programmino in memoria, indirizzando le singole locazioni di memoria e caricandole con delle istruzioni in linguaggio macchina (una sequenza di bit impostati a "0" o a "1") che consentivano, una volta eseguite, di fare accesso alla periferica deputata al caricamento del programma vero e proprio. Tale periferica (la "memoria di massa") era costituita dal lettore di banda perforata inglobato in una telescrivente: telescrivente che costituiva anche il terminale di controllo del computer stesso.
La telescrivente era collegata al computer tramite una normale linea telegrafica "current loop 20 mA.", che scambiava dati con l'elaboratore alla velocità di 50 Baud (avete presente la velocità di un modem 56K? quelli sono 56.000 Baud, mentre questi erano.... 50 e basta!).
Avviando questo piccolo programmino (in pratica una singola routine composta di poche istruzioni) si caricava, leggendolo dal lettore di banda perforata della telescrivente, un semplice programma denominato "boot-strap loader", vale a dire un programma deputato a caricare programmi più complessi (sempre dal medesimo lettore di nastro perforato), e che consentiva un maggior controllo, del tipo: caricamento del programma a partire da una specifica locazione di memoria, controllo del checksum di lettura dati, ecc...
La lettura avveniva alla velocità (se così si può dire...) di 10 caratteri al secondo (!!!); il caricamento durava, a seconda della lunghezza del programma (e di conseguenza del nastro) da qualche minuto a oltre mezz'ora.
Se tutto andava bene, trascorso tale tempo (in cui la telescrivente faceva un rumore simile a quello di una mitragliatrice....) il programma era residente in memoria, e pronto ad essere lanciato. Data la fragile natura del "supporto" (il nastro perforato era di carta), spesso succedeva che, con l'uso ripetuto, il nastro si logorasse, in qualche caso addirittura rompendosi: ne conseguiva che il caricamento si interrompesse, o che, pur concludendosi, avvenisse con errori di lettura che ne precludevano il funzionamento.
Ergo: ripetere l'operazione da capo (sperando in miglior fortuna), o sostituire il nastro danneggiato (sempre che ce ne fosse disponibile una copia). Se c'era un "nastro master" a disposizione, se ne poteva fare una copia, caricando preventivamente un opportuno programma (anch'esso su nastro, naturalmente).Quando la copia era l'unica disponibile.... iniziavano i dolori!
Occorreva cercare di riparare il nastro, incollandolo con uno speciale nastro adesivo, e sperando di riuscire a recuperarlo.
Quando finalmente si riusciva a ripristinare il tutto, e ad avere il programma correttamente caricato in memoria, si poteva finalmente cominciare a lavorare.
 
     

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